Il sostegno del pedagogista nel percorso di diagnosi dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento

la figura del pedagogista per DSATorniamo a parlare dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento e questa volta il focus lo mettiamo su una figura professionale importante che per la famiglia può svolgere la delicata funzione di “ponte”, di “collegamento” fra tra le diverse realtà che ruotano attorno al bambino e alla sua diagnosi. Come genitori di bambini che hanno un disturbo dell’apprendimento il passaggio dal sospetto, alla consapevolezza della situazione e infine alla diagnosi e terapia è spesso costellato di dubbi, incertezze, dilemmi. Essere affiancati da un pedagogista per molti bambini e le loro famiglie è un sostegno importante, una guida, accanto alla quale compiere un percorso. Per comprendere la funzione del pedagogista e la sua utilità ci siamo fatti aiutare da una professionista che in questo campo a maturato una notevole esperienza e che per noi ha lasciato questo prezioso contributo.

Il Pedagogista accanto alla famiglia e al bambino nei casi di DSA

di Alessia Dulbecco, Pedagogista e counsellor

fogliaChi ha figli o chi lavora nelle scuole lo sa: da diverso tempo, ormai, una delle tematiche intorno al quale si scatena il dibattito è costituita dai Disturbi Specifici dell’Apprendimento.

Se da una parte è un bene che tale argomento abbia acquisito una certa rilevanza all’interno delle discussioni tra addetti ai lavori e non, è pur vero che – dall’altro lato – questi argomenti possono lasciare le famiglie e gli insegnanti (magari non ancora adeguatamente aggiornarti) in una grande confusione.

Ciò si verifica, soprattutto, quando gli istituti scolastici acconsentono ad eseguire screening di valutazione in seguito ai quali – se i bambini ottengono, nelle valutazioni, un punteggio che li colloca in fasce a rischio potenziale – vengono recapitate alle famiglie lettere e comunicazioni con le quali vengono esortate a  prendere contatto con le Asl locali per eseguire ulteriori accertamenti.

Spesso i genitori restano spiazzati e le scuole non sanno indicare loro i passaggi e le azioni concrete da svolgere per capirne di più.

Scopo del mio intervento non è quello di soffermarmi sulla diagnosi (di esclusiva competenza dell’Asl o di professionisti accreditati) o sulla normativa di riferimento (L.170/2010 e Direttiva Miur  170/2012).

Dal punto di vista pedagogico è fondamentale capire come sostenere un alunno/a  con queste difficoltà (o con un Bisogno Educativo Speciale) e la sua famiglia.

Un pedagogista che ha svolto specifici percorsi di formazione può acquisire, infatti, la qualifica di facilitatore degli apprendimenti. Lo scopo di un facilitatore è quello di fornire quel collegamento – spesso carente o mancante – tra le diverse realtà che ruotano attorno al bambino e alla sua diagnosi.

Vediamo in dettaglio di cosa si può occupare il pedagogista

– discutere assieme al professionista che ha emesso la diagnosi per comprendere nel dettaglio il problema: una volta diagnosticato, il primo passo per affrontare il problema consiste nell’ascolto e nel confronto col professionista che lo ha diagnosticato. E’ fondamentale capire di cosa si tratta e in quali delle varie prove l’alunno ha dimostrato un punteggio più basso. Ciò risulta essenziale per definire quali potranno essere gli strumenti compensativi migliori e sul rafforzamento di quali competenze impostare il PDP (piano didattico personalizzato);

-sostenere, motivare e facilitare l’apprendimento dell’alunno: dopo aver affrontato il “problema diagnosi” è possibile cominciare a costruire, pedagogicamente, un progetto educativo mirato sull’alunno/a. Questi ragazzi/e, spesso, hanno carenze nella motivazione e nell’autostima personale. Un progetto pedagogico mira a ri-costruire le abilità passando dalle risorse residuali per potenziarle e svilupparne di nuove. Gli interventi devono essere mirati a vedere oltre il possibile disturbo facendogli riacquisire, pienamente, il senso delle proprie capacità;

– aiutare la famiglia a “decifrare” la diagnosi traducendo quanto vi è riportato: la diagnosi è scritta con un linguaggio scientifico. Sono indicate i nomi delle prove effettuate, i valori ottenuti applicando le scale utilizzate come strumenti di valutazione. Chi non è addetto ai lavori può riscontrare qualche difficoltà a comprenderne i significati. I genitori, però, hanno estremo bisogno di capire quanto riportato nel documento. E’ fondamentale per dare loro quella sicurezza necessaria per affrontare il problema. Uno dei principali compiti del pedagogista è proprio quello lavorare sull’intera famiglia predisponendo per ognuno dei componenti adeguate azioni educative. La famiglia ha bisogno di non sentirsi isolata, straniata, diversa e ha bisogno di cogliere le risorse dei propri figli/e, non solo le difficoltà. In questo senso il pedagogista può aiutare i genitori a cogliere le risorse più dei problemi.

-aiutare la scuola nella compilazione del pdp: come affermato precedentemente, compito del pedagogista è quello di fornire un aiuto globale,  non solo all’alunno/a ma anche alle agenzie che ruotano attorno a lei/lui. Nei confronti della scuola egli può aiutare a definire il Piano Didattico Personalizzato, lo strumento che esplicita la programmazione didattica personalizzata che tiene conto delle specificità segnalate nella diagnosi. Questo documento costituisce la linea guida da seguire per facilitare l’apprendimento, in classe e non, dell’alunno. Per questo si può dire che rappresenti il patto d’intesa fra docenti, famiglia e istituzioni socio-sanitarie attraverso il quale devono essere individuati e definiti gli interventi didattici individualizzati e personalizzati, gli strumenti compensativi e le misure dispensative che servono all’alunno/a per raggiungere in autonomia e serenità il successo scolastico. Per poterlo compilare è necessario che il professionista abbia interagito con l’alunno/a, ne abbia colto le specificità per comprendere – di conseguenza – verso quali obiettivi a breve, medio e lungo termine orientare l’azione didattica ed educativa.  

Come si è cercato di mettere in luce, l’intervento del pedagogista è strutturato secondo un’ottica globale in grado tenere conto dei processi formativi del soggetto. Punta a sviluppare le risorse incrementando le capacità sul breve e lungo periodo. Sul piano educativo, invece, questa tipologia di intervento ha il compito di tenere in considerazione i numerosi contesti nel quale l’alunno/a si trova inserito allo scopo di facilitarne le relazioni e le occasioni di scambio, didattiche, di apprendimento ed educazione che esse possono suscitare.

Alessia Dulbecco, Pedagogista e Counsellor

Chi sono:

Sono una pedagogista e counselor con uno specifico interesse attorno ai temi della genitorialità e degli studi di genere.Spazio Co-Stanza firenzealessia dulbecco

Lavoro soprattutto coi genitori, come consulente pedagogica, per sostenerli in quel processo di crescita educativa che ogni babbo o mamma compie insieme al proprio figlio.

Lavoro poi con le donne per sostenerle attraverso interventi di counselling mirati al raggiungimento di un nuovo benessere , sia in senso personale che professionale.

All’interno di Co-stanza, il nuovo spazio co-working dedicato alle donne, curo alcuni percorsi dedicati proprio al sostegno pedagogico e di counselling per donne e genitori.

Contatti:

alessiadulbecco.com

www.facebook.com/dr.ssaalessiadulbecco

[email protected]