inglese_infanzia_2L’argomento dell’apprendimento delle lingue straniere è per me un argomento quotidiano e caro perché questo è il campo in cui mi guadagno da vivere, quello per il quale  ho studiato e dedicato tutta la mia vita professionale: la didattica dell’Italiano (nel mio caso) come lingua straniera e

la certificazione delle competenze linguistiche.

Dell’inglese alla scuola dell’infanzia pubblica, manco si sente parlare, semplicemente non c’è o è affidato all’iniziativa personale di qualche maestro/a. Peggio ancora alla scuola primaria dove si fa finta di fare inglese.

Accanto a un ventennio di insegnamento e ricerca, di contatti con la didattica degli altri Paesi europei, mi scontro settimanalmente con l’insegnamento della lingua inglese nella scuola elementare dei miei bambini più grandi. Quasi il nulla.  In quello che i bambini  fanno a scuola, io non rilevo nessuna competenza della didattica dell’insegnamento delle lingue straniere, nessuna conoscenza dei moderni metodi comunicativi d’insegnamento. Niente. Così come l’inglese me lo insegnava Suor Giuseppina Gallo nel 1977 alla scuola elementare Don Rubino di La Spezia, così viene proposto ai miei bambini nel 2014 e, considerato che la ultrasessantenne Suor Giuseppina non era particolarmente illuminata nemmeno per gli anni 70, come dovrei giudicare gli esercizi proposti oggi ai miei bimbi dall’ attuale insegnante della scuola elementare?

Non voglio entrare nei tecnicismi, ma tanto per rendere l’idea è come se in quest’epoca vi insegnassero che  l’unico modo di comunicare con un amico lontano è scrivergli una bella lettera, imbustarla, comprare il francobollo e affidarsi alle poste … oppure ancora meglio potrei proporre la seguente equazione:

scuola primaria : inglese = musica colta : Gigì D’Alessio

Mi perdoni D’Alessio, ma il suo nome è saltato per primo nella mia testa pensando a musica oscenamente brutta e l’esempio mi serviva per far capire, a chi mi legge, il senso di frustrazione che provo.

I miei bambini non sanno l’inglese né alcun altra lingua straniera grazie alla scuola primaria, il poco che sanno (davvero poco) l’ho pagato con corsi esterni e sono sicura che risultati veri, ce li avrò quando li manderò all’estero per un soggiorno studio (ovviamente prima dovrò prendere in considerazione l’idea di vendermi un rene … ma non sottilizziamo troppo).

L’insegnamento della lingua inglese alla scuola primaria è una vicenda all’italiana che come spesso succede, è scandalosa.

L’inglese alla scuola primaria (prima detta elementare) è stato garantito per anni da insegnanti specialisti, docenti cioè che insegnavano solo la lingua inglese e che  avevano una specifica formazione sulla didattica dell’insegnamento della lingua straniera. Che poi abbiano  mostrato nella pratica di saper svolgere un’azione di buona qualità, sarà dipeso anche dalla serietà e la professionalità di ognuno di loro, ma su una cosa non ci piove, questo era il loro lavoro. Su di loro si è abbattuta la scure della signora Gelmini che li ha semplicemente eliminati. 9000 specialisti che coprivano all’incirca 54 000 classi poi passate nelle mani degli insegnanti in servizio nelle materie comuni (opportunamente formati per insegnare la lingua inglese, ahahahhahah…. ahahhahahhhaaaaa)

Anche nei corsi di inglese che vengono organizzati privatamente non è raro riscontrare pressapochismo e assenza di una metodologia di base per lo specifico insegnamento ai bambini (che è una didattica diversa rispetto a quella per gli adulti). E nemmeno la presenza di un madrelingua è sempre garanzia di successo: perché il sapere senza avere gli strumenti, le capacità,  la competenza per trasmettere la conoscenza, non serve.

Per tutte queste ragioni sono molto severa quando si parla di corsi di inglese per bambini piccoli e, prima ancora di sapere se l’insegnante è un madrelingua o no, mi interessa accertare se la persona sa quello che sta facendo.

Play english Ne ho scovato uno in fase di realizzazione dalla cooperativa Alambicchi di Prato, ho parlato con la persona che lo andrà ad organizzare, Andrea del Re che, oltre a promettermi un intervento su questo blog, mi ha detto quello che io mi aspetto di sentirmi dire da una persona che di didattica ne sa qualcosa:

“Il nostro è un progetto per avvicinare i bambini piccoli alla lingua inglese.
Io non sono madrelingua, ma per esperienza e studio so che negli anni della scuola dell’infanzia è molto più importante il metodo che si utilizza con i bambini per trasmettere le conoscenze,  piuttosto che il contenuto puro: è inutile essere madrelingua se non si è coinvolgenti, preparati didatticamente e non si ha idea di come si svolgono i processi di apprendimento nei bambini piccoli. Al contrario, se si ha una buona metodologia, un bel progetto, allora diventa molto più semplice insegnare quei contenuti che si intende veicolare attraverso il laboratorio (per apprendere colori,numeri, parti del corpo, saluti, avverbi, alcuni verbi,…)”.

Il punto è proprio questo: l’educatore non solo deve avere un progetto che giustifichi quello che sta facendo, ma deve anche avere chiaro l’obiettivo che  vuole raggiungere insieme ai suoi bambini.

E l’obiettivo, prima ancora di essere quello di avere qualche nozione di inglese momentaneamente appiccata in testa, è  che i bambini siano stati davvero coinvolti in un percorso alla fine del quale assoceranno l’inglese a qualcosa che è bello fare.

Come funziona il corso in pratica: i bambini sono  protagonisti di un’avventura
fantastica: dovranno diventare amici di un gufetto che abita su una grande quercia
(una struttura che rappresenta un albero, con tante finestrine che si aprono).

Il gufetto, però, parla solo in inglese, quindi, prima di venire di “persona” a conoscere i bambini,  incontro dopo incontro, farà conoscere ai piccoli i suoi amici animali che abitano dietro le finestrine dell’albero.
Ogni animale ha delle caratteristiche, che saranno lo spunto per fare
un’attività ludica e imparare le parole in inglese corrispondenti. Una
volta conosciuti tutti gli animali, i bambini saranno pronti per l’arrivo del
gufetto di nome Plop.

L’obiettivo del corso mi pare ragionevole: familiarizzare con un’altra lingua, trasmettere ai bambini piccoli l’idea che avvicinarsi ad una lingua straniera è divertente (obiettivo in partenza già fallito alla scuola pubblica dei miei due bimbi che, il martedì, mugugnano: “Mamma, domani c’è inglese, che palle, ci aiuti a fare i compiti?” E, magari, avere appreso alcuni rudimenti. Tutte le informazioni sul corso e i contatti li trovate qui: Play english

Dell’inglese, dei corsi disponibili a Firenze, di bufale o meno, ne riparleremo presto.