Utilizzando buon senso e una certa dose di empatia, questa sconosciuta

Moltissimo del nostro tempo di genitori lo spendiamo nel compito di educare i nostri bambini (educare nel senso più ampio del termine, come percorso che porta all’essere adulti e persone complete a 360°). Eppure, mi rendo conto, moltissime sono le energie che impieghiamo per fargli realizzare obiettivi poco realistici e, allo stesso tempo, non gli permettiamo di fare cose che potrebbero benissimo fare perché siamo pigri, paurosi, stanchi, poco attenti e insomma, imporci “perché lo dico io!” è più facile che metterci in discussione.

Io personalmente, come madre di 4 bambini, sono iper-concentrata a realizzare l’obiettivo di renderli indipendenti e autonomi, in parte perché credo fermamente che questa sia una delle chiavi per mettere i figli nelle condizioni di essere adulti felici e sicuri di sè e in parte perché loro sono 4 e io ho solo un cervello, due mani e due gambe e, anche con il massimo impegno, a tutto non riesco ad arrivare.

Questo fatto di aver scelto di avere una famiglia numerosa in un certo senso mi ha risparmiato certe ansie e inquietudini di chi ha uno o due bambini, al contempo, avere poco tempo e doverlo suddividere per tutti mi rende carente sotto altri punti di vista, tipo quello di mettere sempre fretta a tutti perché quella che ha fretta sono io.

Ecco una serie punti che mi sono venuti in mente, magari altri suggerimenti arriveranno dai lettori che si imbatteranno in questo post.

Lasciare i figli liberi di parlare con noi adulti quando vogliono, evitando gli interrogatori

“Cosa hai fatto oggi di bello a scuola (di bello??)? Come è andato il pomeriggio a casa di Giulio (amichetto) Perché fai così? Spiegami esattamente il tuo comportamento” ... A parte che anche noi adulti non è che abbiamo sempre voglia di fare il report di quello che abbiamo o non abbiamo fatto, ma poi i bambini hanno una serie di impegni spesso uno a ridosso dell’altro, non solo la scuola, ma tutte  le attività di doposcuola, lo sport, latelevisione, i giochi elettronici. Questo produce un sovraccarico di informazioni impossibili da trattenere tutte in maniera ordinata. Le domande dirette introdotte da Chi? Cosa? Perchè? Come mai? Suonano indagatorie e volte alla verifica che qualcosa sia stato fatto come lo intende l’adulto, non invitando certo a lasciarsi andare ad una confidenza. Ci sono momenti in cui invece la chiacchiera nasce spontanea e inaspettata, magari durante un viaggio in macchina per accompagnarli a fare sport o se comiciamo noi a parlare di qualcosa che ci è successo in un contesto informale. Sono quelli i momenti in cui dobbiamo ascoltare, mentre magari in quei momenti non ci rendiamo disponibili perché stiamo riflettendo se abbiamo segnato tutto sulla lista della spesa.

Facciamo lo sforzo di dare un po’ più fiducia in loro quando ci informano della loro percezione del caldo o del freddo

Come adulti sappiamo perfettamente decidere se sentiamo caldo o freddo e, a partire da questo, regolarci di conseguenza. Perché obbligare un bambino che dice che sta benissimo in maniche corte a mettersi la felpa perché “fa freddo”? Perché abbiamo paura che si ammalino, risposta ovvia, con tutto quello che comporta sia sul piano delle cure che sul piano dell’organizzazione familiare. Eppure anche i pediatri sconsigliano di coprire troppo i bambini, al contrario, auspicano che fin da piccoli il loro corpo impari ad adeguarsi alle varie temperature senza eccessivi ausilii protettivi. Perché prima di imporre il cappello, i guanti, la canottiera, l’ennesima copertura non ci fermiamo a sentire la loro opinione e osserviamo le reazioni del loro corpo? Non tremano, non sono sudati, non hanno le estremità fredde … Forse hanno ragione loro. La mia amica olandese, che il cappello sua madre glielo imponeva quando la temperatura arrivava a -25° rimane sempre a bocca aperta quando vede le tenute da spedizione sul K2 che sfoggiano i bambini italiani appena si alza un filo di vento. Gli olandesi non si sono ancora estinti, quindi forse siamo un po’ esagerati noi, no?

Hai fatto i compiti? A che punto sei con i compiti? Stasera ti risento la lezione, fammi controllare se è giusto …

La scuola è il campo di azione dei figli, una dimensione in cui passano molte ore e nella quale devono imparare a gestirsi, organizzarsi, assumersi le loro responsabilità. Stargli continuamente addosso verificando che li abbiano fatti, come li abbiano fatti, li rende nervosi e insofferenti prima verso di noi e poi verso la scuola stessa. Inoltre, caricare compiti e rendimento scolastico di eccessive aspettative, fa in modo che in un momento di conflitto (e fra genitori e figli i conflitti sono ciclici) potrebbero decidere di mollare l’impegno a scuola proprio perché sanno quanta importanza abbia per noi. I figli dovrebbero sentire di essere stimati indipendentemente dal loro rendimento scolastico e imparare la consapevolezza che andare bene a scuola è importante per loro stessi e non per compiacere i genitori.

Lasciamoloi liberi di prendersi il loro tempo senza ossessionarli con la fretta (nostra)

Non è colpa dei figli se lottiamo continuamente contro il tempo, eppure sembra che siano loro quelli che la pagano di più.

A corso di nuoto, dopo aver fatto non so quante vasche, a chi non piacerebbe godersi una bella doccia calda corroborante? Invece è tutto un susseguirsi di “Sbrigati, fai presto, vieni che ti asciugo i capelli io così si fa prima“. Io ho smesso di entrare negli spogliatoi tanto tempo fa, ho fatto un passo indietro perché ero diventata insopportabile  a me stessa (e credo che dovrebbe essere vietato a tutti genitori farlo dopo il compimento dei 5 anni dei figli); preferisco stare fuori e approfittare per fare commissioni nei paraggi: quando i figli sono pronti, sono pronti. Questo un esempio, sono certa ve ne verranno in mente altri.

Non decidere a priori quello che non sanno fare o quello che dovrebbe o non dovrebbe piacergli

Sei sicuro di voler partecipare a questa attività? Non è che poi ti mancheranno i genitori e piangerai? Sei certo di volere queste scarpe rosse? E se poi ti penti? Non salire lì che poi caschi e ti fai male, lo faccio io che non sei capace” … Rigettare adosso ai figli paure eccessive, insicurezze, paturnie che a loro non passerebbero nemmeno nell’anticamera del cervello è stupido, punto. In primavera, nella scuola dei miei figli hanno organizzato una gita ad un parco avventura: quelli in cui ci si arrampica imbracati di tutto punto e si fanno percorsi di varia difficoltà. Mi sono trovata a parlare con genitori che non avrebbero mandato i figli perché è pericoloso. Alle mie domande: “in che senso pericoloso? Lo avete mai provato? Sapete come funziona? Siete consci che sono agganciati a cavi di metallo e imbracati come salami?”

Niente da fare, nessuna speigazione razionale: è  pericoloso, così a priori. E che qualcosa sia pericoloso, difficile, insidioso senza motivazione solo perché ci fa paura, lo appiccichiamo addosso ai nostri figli come una maledizione che si porteranno avanti anche nella loro vita adulta.