Questo non è un post frignone e nemmeno triste. Non vuole dare speranze, ricette miracolose, ma neanche spaventare o creare falsi allarmismi né fare terrorismo psicologico ai genitori dei bambini in età prescolare.
Voglio raccontare la nostra storia, esattamente come si è svolta, i nostri intoppi (burocratici, principalmente) e i nostri respiri di sollievo. Questo è quello che potrebbe capitare a chiunque: vivi la tua esistenza e poi scopri che tuo figlio è dislessico

Se vogliamo essere pignoli, le prime osservazioni che qualcosa non funzionava le abbiamo avute già alla scuola dell’infanzia: ai colloqui riservati ai genitori, la maestra di Guendalina ci segnalava che la bambina, nel segno grafico, nei lavori di precisione, nel disegno guidato aveva delle difficoltà e, di volta in volta, ci veniva descritta come poco precisa, un po’ cialtrona, sempre stanca, a tratti annoiata. Io non so quanto questo dato sia importante, anche del mio primo figlio mi dissero varie cose e sembrava che in prima elementare avrebbe avuto gravi disturbi dell’attenzione, in verità era solo un tipo vivace, crescendo e maturando, certe intemperanze si sono affievolite e non abbiamo mai avuto problemi né di rendimento né di disciplina, anzi, devo dire che i suoi risultati sono sempre stati eccellenti.

Arriviamo alla prima elementare, Guendalina ha un buon carattere, sempre allegra, ben disposta, si fa un sacco di amici e si trova bene con le maestre. Tuttavia trova una difficoltà enorme nel tratto: avete presente quelle tremende cornicette che si fanno in prima elementare? Ecco, per lei sono una tortura e oggettivamente sono sempre fatte male. Le cornici da fare in più come esercizio a casa si moltiplicano, io come mamma le sto alle calcagna: “Dai Guendalina!! Segui la linea, comincia il disegno geometrico da un punto preciso, organizza lo spazio!!” L’impressione esterna è quella di avere a che fare con una persona disordinata, svogliata, che non ci mette abbastanza impegno. A turno, io e mio marito perdiamo la pazienza, alziamo la voce, la sottoponiamo a sessioni extra di maledette cornicette. Anche le maestre oscillano fra l’incoraggiarla e il brontolarla, percepisco insofferenza nei suoi confronti e la prova arriva un giorno che la bambina torna a casa con il quaderno pieno di rabbiosi enormi punti interrogativi (così calcati che hanno bucato i fogli) tracciati dalla maestra sul suo quaderno di italiano. Ci rimango male. Anche Guendalina è mortificata, ne parliamo e conveniamo che forse la maestra era stanca e nervosa e ha avuto uno scatto. Insieme, decoriamo i punti interrogativi disegnandoci sopra dei fiori e scrivo un messaggio alla maestra dicendole che ho ritenuto opportuno fare un esercizio di abbellimento a quei brutti segni trovati sul quaderno, chi vuole capire, capisca.
Arriviamo in seconda elementare, Guendalina, che fa il tempo pieno, arriva alle lezioni del primo pomeriggio stremata, lamenta sempre mal di testa, le maestre mi dicono di non farle fare tardi la sera (ma i bambini a casa nostra alle 21.00 dormono già tutti); è sempre definita poco precisa, pasticciona, arruffona (gli aggettivi si sprecano) … Lei dal canto suo è caparbia e non si arrende mai, riprova e riprova e fa sempre gli stessi errori, sempre gli stessi, gli stessi, gli stessi e io vado fuori di testa a seguirla nei compiti.

Mi domando e le domando: “Ma come è possibile che sbagli ancora a scrivere questa parola!!!” Dall’esterno, da ignoranti, ci si trova davanti ad una bambina che non impara mai, le dici che “strega” si scrive e così, e lei dice sì e poi 5 minuti dopo riesce a riscriverlo in 5 modi diversi. E poi non c’è verso di avere un ordine spaziale nel foglio: i numeri debordano dai quadretti o sono scritti al contrario, non riesce ad incolonnare, “Stai attenta!! Non lo vedi che qui hai saltato 3 quadretti invece che 1!! Cancella e rifallo da capo, di nuovo, da capo, da capo!!!”
Un giorno particolarmente duro vado così fuori di testa che urlo (e non me lo perdonerò mai): “Guendalina lo sai cosa c’è nel tuo cervello? Una formica!! E lo sai cosa urla questa formica? SONO SOLAAAAAAA”.
Lei nemmeno si arrabbia e mi dice che non si dicono queste cose ai bambini, poi piange, tanto e sempre quando c’è da fare i compiti. Poi le braccia e le gambe le si riempiono di dermatite atopica che peggiora, peggiora e la bambina si gratta a sangue.

Siamo a metà della seconda elementare, le maestre mi chiamano e, con grande titubanza, quasi timorose di una mia reazione, mi suggeriscono che c’è qualcosa che trascende l’impegno: la bambina ce la mette tutta, ma loro percepiscono dei segnali legati ad un disturbo dell’apprendimento.
Bene, mi dico, che cosa devo fare?
E qui comincia la mia odissea. Ho un numero di telefono che dovrebbe mettermi in contatto con la neuropsichiatra della mia ASL di appartenenza, provo per 3 settimane, prima agli orari indicati, poi a qualsiasi fascia oraria, non mi risponde nessuno.

Poi, finalmente, mi rispondono e mi prendono i dati; mi chiameranno loro quando sarà il nostro turno. Chiedo più o meno la tempistica, si parla di un’ attesa di minimo 3 mesi solo per avere il primo appuntamento. Le maestre mi pressano, ma sempre un po’ imbarazzate: tutte le volte che mi devono parlare mi chiamano da parte, sembriamo i partecipanti ad un’associazione segreta. Chiedo di smetterla, se hanno da dirmi qualcosa lo possono dire davanti agli altri genitori, si tratta di un disturbo dell’apprendimento, non di qualcosa di cui ci dobbiamo vergognare, tra l’altro ho avuto occasione di parlare con i genitori degli altri bambini, lo sanno tutti, basta con queste farse (scopro poi che l’argomento per alcuni genitori è ancora un tabù, ecco perché le maestre sono guardinghe, già hanno ricevuto partacce da genitori che rifiutano anche solo l’eventualità che ci sia un problema di questo tipo).
È grazie al mio parlare, parlare, chiedere, condividere, che trovo una mamma che è anche logopedista presso una Asl fiorentina: mi racconta che lavorano in condizioni disastrose, con pochissimi mezzi, liste di attesa infinite, appuntamenti fitti fitti che le fiaccano come essere umani e le degradano come professionista; ma che novità!!! Non me lo aspettavo proprio da un paese come l’Italia.

Sono stanca, stufa, demotivata e preoccupata per la bambina che sembra intristita e meno sicura di sé. Quindi comincio a parlare con tutti, chiedo, indago, e parla e cerca e cerca e parla approdo al centro Nuovamente, privato ovviamente, dove la neuropsichiatra, la dottoressa Anna Vitta, ci da appuntamento per la settimana successiva.

La faccio breve: Guendalina è stata sottoposta a 4 ore e mezzo di test, siamo usciti con in mano un dossier dettagliato di una decina di pagine, una fattura che si aggirava sui 300  Euro e finalmente una diagnosi: la bambina è disgrafica e disortografica, con un Q.I superiore alla media. fatturaUscendo dal centro Guendalina ci dice: “Ma allora non sono stupida!!” Mi avessero dato un ceffone sarei stata meglio.

A quel punto abbiamo una diagnosi, ma non è della ASL, quindi non possiamo procedere con un PDP, piano didattico personalizzato (era ancora l’inizio di giugno, adesso so che molti centri privati, come Nuovamente, sono riconosciuti e quindi le diagnosi sono accettate). Grazie al cielo le maestre ne prendono atto e mettono in atto alcune strategie e strumenti compensativi per dare modo a Guendalina di avere le stesse opportunità degli altri; anche la pagella finale viene redatta alla luce di queste nuove informazioni e la bambina è radiosa. La dermatite migliora visibilmente, i mal di testa spariscono …
Intanto dalla ASL silenzio. Ci chiamano e ci danno appuntamento il 16 di agosto, va bene lo stesso, torniamo dalle vacanze e ci presentiamo all’appuntamento con la neuropsichiatra che prende atto della diagnosi già fatta, fa con noi due chiacchiere di cortesia e ci saluta con un foglio ufficiale che ripete quello che ha letto nella diagnosi fatta dal centro privato. – E ora? – Azzardo a domandare  -Quando cominciamo con le sedute di logopedia?
Mi guarda con come se fossi atterrata da Marte, lei non lo sa, non ne ha la minima idea,  il suo compito è solo la diagnosi (o la sua trascrizione :-(), adesso devo andare da un’altra parte con il suo foglio “ufficiale” e mettermi in un’altra lista di attesa.

Rabbia, impotenza, angoscia, questi sono i sentimenti che proviamo, ma facciamo anche questo: andiamo al presidio ASL che ci indicano, presentiamo la documentazione e ci mettiamo in lista d’attesa.

Era l’agosto 2013, ci hanno ricevuto per un primo colloquio conoscitivo (solo i genitori) il 31 di dicembre,  il trattamento verrà effettuato verso marzo/aprile (fine terza elementare).

Ovviamente è da settembre che Guendalina è seguita da una logopedista privata, segnalata, guarda un po’, da un’altra amica, che con la bambina ha avviato un progetto legato  ai suoi specifici disturbi. Si tratta di un trattamento sperimentale, la logopedista, Sofia Barducci, è una persona straordinaria. Il trattamento consiste nell’ individuare delle liste di parole su cui ricorre spesso l’errore, poi queste stesse parole vengono proposte alla bambina sul monitor di un computer, ogni parola appare per un istante e poi sparisce, la bambina deve solo riuscire a leggerle. La logopedista prende nota degli sbagli di lettura, le liste di parole vengono riproposte ciclicamente. Il trattamento dura 7 settimane, 3 volte alla settimana per sedute di 30 minuti. Spero di non aver fatto errori a descriverlo, ho lasciato alla logopedista campo totale e, visti i danni che avevo già fatto, ho preferito stare fuori, quindi forse mi sfugge qualche dettaglio, ma il percorso è consistito grossomodo in questo e, dopo due settimane di riposo, una seduta di controllo per avere il feedback della situazione post trattamento.

Io lo so che la bambina non ha una malattia, so quindi che non c’è da aspettarsi una guarigione e sinceramente non me ne può fregare di meno, non è mai stato questo il punto.
Il punto è sentirsi smarriti e non sapere a che santo appellarsi, il punto è stare attaccati ad un telefono che non risponde mai, il punto è vedere la propria bambina sfiorire e non sapere come fare per aiutarla. Adesso continueremo con il percorso proposto dalla Asl. Nel frattempo altre incertezze, un PDP che ufficialmente non è stato ancora firmato da noi genitori (manco l’abbiamo visto), le maestre che ci hanno mandato al circolo didattico di riferimento e lì non sapevano niente, altre sedute conoscitive (bastaaaaa) in attesa un inizio trattamento che viene sempre procrastinato al mese successivo … Va bene, ci presteremo a tutto ciò che la prassi vuole, adesso siamo comunque più tranquilli, perché la bambina è tranquilla.

Che cosa ho imparato da questa vicenda e cosa posso dire agli altri:

C’è una associazione italiana, ecco il sito: http://www.aiditalia.org/ , per la zona di Sesto Fiorentino è stato firmato un protocollo TRA AID, ISTITUZIONE SESTOIDEE E SCUOLA CAVALCANTI, ecco il link dove trovare informazioni http://met.provincia.fi.it/news.aspx?n=153428.

Qui le informazioni che possono interessare a chi vive a Firenze:

http://www.aiditalia.org/it/firenze.html

A Firenze per gli incontri  c’è lo sportello dell’associazione in via San Gallo, presso la Libri Liberi l’ultimo venerdì del mese dalle 15,30 alle 18,30, però questo mese di gennaio 2014 l’incontro  salta perché è in preparazione un convegno:  il 17/18 gennaio dal titolo “Vorrei star bene a scuola”… è possibile e iscriversi qui:  http://social.libriliberi.com/

Un grazie speciale a Maria Chiara Giuli, mamma e amica particolarmente attiva presso L’Associazione Italiana Dislessia per l’aiuto.