foto 2Comunicare – laboratorio per adulti – primo incontro del ciclo Generazioni

Come avevo preannunciato in un post di qualche giorno fa, ho deciso di iscrivermi ad una serie di incontri proposti dalla Associazione For.Ed.A. Toscana, finanziati dalla Regione Toscana e tenuti fisicamente nella sala letteratura, al secondo piano della biblioteca Canova dell’Isolotto. Comunicare era, appunto, il laboratorio per adulti in programma per la prima serata. Ora vi faccio il report, sperando che i contenuti del laboratorio siano utili a chi mi legge, come lo sono stati per me.

Comunicare  laboratorio per adulti in pratica

Sotto la guida della psicologa Giulia Comper abbiamo affrontato il tema della comunicazione scandagliandolo dal punto di vista del suo significato partendo dai 5 assioni della comunicazione, che io conoscevo già per ragioni di studio universitario, ma che, scioccamente, fino a questo momento avevo preso in considerazione solo per il mio lavoro e non come regola universale valida per qualsiasi relazione, anche in famiglia con i propri bambini.

Il nostro primo incontro in realtà non trattava la comunicazione in famiglia, ma la comunicazione in generale fra essere umani ed è in questo contesto che la dottoressa Comper ci ha proposto gli assiomi, mostrandoceli, spiegandoli e facendoci fare dei giochi di ruolo per mettere in pratica i diversi modi di comunicazione, mostrarci gli errori,  e i fraintendimenti che si possono generare.

I 5 assiomi della comunicazione sono i seguenti:

1° assioma – È impossibile non comunicare. In qualsiasi tipo di interazione tra persone, anche il semplice guardarsi negli occhi, si sta comunicando sempre qualche cosa all’altro soggetto.
2° assioma – In ogni comunicazione si ha una metacomunicazione che regolamenta i rapporti tra chi sta comunicando.
3° assioma – Le variazioni dei flussi comunicativi all’interno di una comunicazione sono regolate dalla punteggiatura utilizzata dai soggetti che comunicano.
4° assioma – Le comunicazioni possono essere di due tipi analogiche (ad esempio le immagini, i segni) e digitali (le parole).
5° assioma – Le comunicazioni possono essere di tipo simmetrico, in cui i soggetti che comunicano sono sullo stesso piano (ad esempio due amici) e di tipo complementare, in cui i soggetti che comunicano non sono sullo stesso piano (ad esempio la mamma con il figlio).

foto 3Io in questo contesto non voglio mettermi a fare una spiegazione accademica, anche perché se vi interessa approfondire, basta digitare “assiomi della comunicazione” su google e avrete da leggere fino a stordirvi. Io vorrei condividere le mie riflessioni su alcuni aspetti di questi assiomi in relazione al nostro comportamento verso i bambin sulla base di quanto affrontato nel laboratorio e nei giochi di ruolo fatti. In particolare i primi 3 assiomi mi sembrano interessanti nelle relazioni con i figli.

1° assioma – È impossibile non comunicare. In qualsiasi tipo di interazione tra persone, anche il semplice guardarsi negli occhi, si sta comunicando sempre qualche cosa all’altro soggetto

Penso a quante volte i miei figli mi chiedono qualcosa, o vogliono farmi  vedere qualcosa e io con la voce rispondo, ma sto facendo dell’altro, oppure peggio, con la voce dico “dimmi amore” e poi alzo gli occhi al cielo oppure do segni di insofferenza perché sono stanca, stufa di mille domande, ho da fare altro. La postura del corpo quando parliamo: comunichiamo minaccia? Affetto? Apertura? Disponibilità? Se mio figlio Sebastiano mi dice “Mamma ti devo chiedere una cosa” e io rispondo affermativamente e poi sto in piedi davanti a lui, sovrastandolo con  la mia presenza, braccia incrociate e sguardo serio o, peggio, prevenuto, la comunicazione che passa sarà: “sentiamo anche questa, che hai combinato stavolta” oppure “ti ascolto con serenità, parla liberamente”? Mi sa il primo. Quindi, occhio, perché tutto di noi è comunicazione. A me spesso capita di dare il via libera ad un figlio che vuole parlare, ma in realtà non lo sto ascoltando al cento per cento e lo si nota perché con il corpo do segnali di distrazione,  e quando lui se ne accorge si infuria. E ha ragione. Se beccassi mio marito o un’ amica che fanno così con me sarebbero guai, mi parrebbe una mancanza di rispetto e ne sarei offesa. Allora, primo punto, ricordarsi ed essere consapevoli che il nostro corpo parla e i bambini lo percepiscono, lo vedono chiaramente, anche quando le parole dicono qualcos’altro.

2° assioma – In ogni comunicazione si ha una metacomunicazione che regolamenta i rapporti tra chi sta comunicando

Gli aspetti metacomunicativi sono, per esempio, il contesto o l’intonazione con i quali viene trasmesso il messaggio. Quindi se un messaggio viene comunicato in maniera pacata o arrogante, in modo critico o empatico ai nostri bambini ne arriva un’altro.

Un semplice “Sì” può essere detto con mille toni diversi e il messaggio sarà diverso, quindi occhio al tono che usiamo, siamo consapevoli.
Talvolta, spiegare la comunicazione, cioè metacomunicare, aiuta a creare empatia e quindi a raggiungere davvero una comunicazione efficace. Dire a qualcuno: “scusami se ti sembro sconstante, oggi ho avuto una giornata difficile” è metacomunicare, cioè dare all’altro delle informazioni che lo aiutano a decodificarci e dunque lo rassicurano permettedogli di leggerci meglio.
La metacomunicazione rivela spesso molto di piu di ciò che vogliamo dire e, se agiamo d’impulso, soprattutto nei confronti dei figli, possiamo far arrivare messaggi distorti.

3° assioma – Le variazioni dei flussi comunicativi all’interno di una comunicazione sono regolate dalla punteggiatura utilizzata dai soggetti che comunicano.

Questo assioma non intende, banalmente, i segni di interpunzione (virgola, punto, punto e virgola), ma indica le diverse possibilità di interpretazione che può avere la comunicazione fra due persone, genitore e figlio nel mio caso.

Nel rapporto genitori-figli, la punteggiatura (silenzio, voce troppo alta, urla, tono remissivo) può diventare causa di cattiva comunicazione. E i bambini ci guardano, sempre. Cosicché ogni nostra azione, parola, comportamento, porta ad una risposta, ma anche uno stimolo. Tutto quello che diciamo o facciamo influenza sempre e comunque la persona con la quale abbiamo a che fare, ecco un esempio nella mia famiglia.
Mi figlia Guendalina mi dice: “È inutile che lo spiego al babbo,  perché tanto si arrabbia prima che io finisca di parlare e non riesco a finire di spiegarmi, allora sto zitta”. Mio Marito mi dice:  “Gli chiedo perché del suo comportamento e non risponde, sta lì muta, come imbambolata, mi fa infuriare”. Chi ha iniziato per primo? Non lo so, ma forse una strategia potrebbe essere quella di cambiare comportamento, provare a fare qualcosa di diverso che l’interlocutore non si aspetta e vedere se il circolo si spezza.

Tra me e Guendalina funziona questa tecnica, quando ce la faccio a farla funzionare, spesso ahimé sclero. Lei quando si arrabbia ha crisi isteriche e a me le urla mandano così fuori di testa che finisco per urlare ancora più forte finché, avendo la voce più grossa, la sovrasto e la zittisco. Se ai suoi urli rispondo con indifferenza e un tono sempre più pacato, il conflitto tende ad appianarsi prima.foto 1

Spero che queste riflessioni siano utili, ora vado a giocare con mio figlio, perché dopo un’ora e trenta al computer, gli sto comunicando che quest’aggeggio è più importante di lui, buon sabato 🙂